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LA DIFESA |
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Filosofia della Difesa
“Io penso che la difesa non
sia solo una tecnica, bensì si tratti soprattutto di un’ATTITUDINE MENTALE”
(Karck Kiraly).
Con queste parole il grande
giocatore, uno che di difesa se ne intende, definiva il concetto difensivo.
“Noi vinciamo perchè odiamo
l’errore e proviamo sempre a recuperare una palla anche se sembra impossibile”.
Così Buck, prestigioso centrale USA, spiegava il concetto difensivo della
nazionale USA ’86.
E ancora: “Quando una palla
tocca terra nelle mie vicinanze, per me è un personale insulto!”. Questo usa
dire un altro grande di quella meravigliosa sfornata di campioni a stelle e
strisce, Bob Ctvrlik.
La nostra personale
esperienza ci porta a suddividere quest’importante aspetto del gioco in due grandi
aree da esaminare: l’aspetto filosofico e quello tecnico.
Il primo costituisce
premessa indispensabile per cominciare il lavoro specifico.
Doug Beal, il creatore del
fenomeno americano degli anni ’80, usava dire: “Ogni volta che tocchi la palla
è la più importante della storia pallavolistica, fino ad ora, quando ciò è
fatto diventa la meno importante”.
Noi crediamo altresì che una
delle qualità che contraddistinguono un buon giocatore (come un buon allenatore
o un buon dirigente) sia l’ORGOGLIO.
Orgoglio che ogni cosa fatta
sia la migliore in assoluto!. Se si accetta una cosa non ottimale, si accetterà
anche qualcosa di meno, poi ancora qualcosa di meno e così si scivola
lentamente verso il basso.
¨ Orgoglio di essere sempre in
ordine come aspetto fisico
¨ Orgoglio di arrivare
puntuali sempre
¨ Orgoglio di come diamo
istruzioni ai giocatori
¨ Orgoglio di come stanno
attenti
¨ Orgoglio di come si allenano
¨ Orgoglio di come
organizziamo i cicli di lavoro e d’allenamento
Se non si pone attenzione ai
dettagli come si può pretendere un’attenzione tattica dei giocatori? Come si
può pretendere che si assumano le loro responsabilità?
E’ un lungo lavoro per
rendere coscienti gli atleti che ciò che fanno di contorno all’allenamento
serve per vincere le partite.
Orgoglio significa anche
volontà di “rischiare”. Necessaria in ogni buon allenatore. Lo sport c’insegna che è necessario
rischiare per acquisire ogni cosa che “vale”. Non accontentiamoci mai. Non
accontentiamoci del livello di gioco raggiunto, ma esaminiamo ogni aspetto
delle azioni che i nostri giocatori svolgono per trovare le
varianti che spostano
l’efficienza verso l’alto, magari rischiando di peggiorare lievemente il
rendimento immediato a fronte di un guadagno successivo. Sarà nostra cura
creare un ambiente (giocatori, dirigenti) in cui gli errori, conseguenze di
rischi, non siano visti come debolezze, ma come una teppa di un processo volto
all’ottenimento del successo.
L’importante è che
s’inneschi un processo per cui dall’errore si faccia di tutto per uscirne
sempre e nel minor tempo possibile.
A mano a mano che una simile
filosofia si consolida, sarà più semplice per noi rivolgerci ad un atleta
dicendogli: “Non devi sopportare che la palla cada, prova sempre a prenderla!”.
Diventa principalmente un fatto culturale e di mentalità vincente. Consentiteci
una digressione che riteniamo utile al caso.
Orientamento psicologico del vincente
1.
Non
ha eccessivo bisogno dell’approvazione altrui.
2.
E’
costantemente orientato al presente, cioè attento a ciò che sta facendo,
essendo consapevole che il successo è la conseguenza di una buona esecuzione in
quel momento.
3.
Ha
buona stima di se e si aspetta di riuscire.
4.
Possiede
buone capacità d’analisi: è obiettivo rispetto alle sue possibilità attuali e
si prefigge mete reali e raggiungibili.
5.
Considera
le situazioni avverse come facenti parte della realtà, e modifica il suo
comportamento in funzione della situazione mutata (evita atteggiamenti troppo
rigidi).
6.
Considera
la competizione stimolante e divertente.
7.
E’
in grado di selezionare stimoli “rilevanti rispetto a quelli non rilevanti”.
8.
Sa
analizzare e mettere a frutto sia il successo sia l’insuccesso.
Orientamento psicologico del perdente
1.
Ha
un eccessivo bisogno dell’approvazione altrui e dà un’enorme importanza all’immagine.
2.
E’
ossessionato dall’idea del successo. E’ influenzato emotivamente dagli
insuccessi precedenti e rivolto con l’ideazione al risultato finale.
3.
E’
incostante nell’auto stima. Si esalta eccessivamente per la vittoria e si
deprime troppo per la sconfitta.
4.
Teme
la competizione e la vive come una situazione spiacevole.
5.
Ingigantisce
l’importanza delle condizioni avverse (arbitri, pubblico, disagi relativi a
trasferte, ecc.).
6.
Si
arrende troppo presto ed è costantemente preda di profezie che si autodeterminano.
Tecnica della difesa
Nelle pagine precedenti
abbiamo parlato di filosofia e attitudine mentale alla difesa, sintetizzabile
in un’altra frase di un grande specialista di questo fondamentale, Eric Sato:
“E’ quantomeno una criminale offesa lasciare che la palla tocchi il pavimento
senza essermi procurato un’ammaccatura in qualche parte del corpo nell’estremo
tentativo d’impedire che ciò accada”. Questo dovrebbe essere per tutti.
Attitudine è mettere in pratica questo concetto.
Naturalmente la sola
attitudine non basta. Ci vuole, contemporaneamente, una solida base tecnica.
Partiamo dal dire che i
movimenti e i gesti che caratterizzano la tecnica di difesa sono così complessi
e vari che è difficilissimo orientarsi nel merito senza peccare d’omissione.
Il tentativo di
razionalizzare questi gesti, sintetizzandoli in poche grandi famiglie, è stato
fatto da noi, con la collaborazione di Dario Riva Violetta, nel 1984.
I risultati di quel lavoro
sono tuttora attuali e andiamo perciò ad illustrarli. Dividiamo le
aree che circondano e comprendono il nostro corpo, in relazione all’arrivo
della palla, in quattro grandi fasce.
Le denominiamo fasce A, B,
C, D (fig.1).
¨ La fascia “A” è quella che
sta davanti a noi, comportando una caduta o uno spostamento dei piedi per
andare a gestire la palla.
¨ La fascia “B” è la più
semplice, ed è caratterizzata da tecniche d’intervento con la palla all’altezza
dei fianchi o delle ginocchia.
¨ La fascia “C” è quella del
bagher laterale ed è caratterizzata da interventi nella zona del busto.
¨ La fascia “D” va dal capo in
su.
1.
Posizione
di partenza o d’attesa (fig.2)
Gambe divaricate il più
possibile. L’angolo al ginocchio è di circa 90°, quello tra piede e tibia di
circa 45°. I piedi paralleli tra loro e ben appoggiati a terra. Importante! Il
baricentro (o peso del corpo) deve gravare sulla parte anteriore dei piedi.
Mai, mai col baricentro che poggia sui talloni.
2.
Interventi
in fascia “A” Caduta o Sprawl
Serve per recuperare palle
che arrivano davanti a noi, che non necessitano di un vero e proprio tuffo. La
caduta consente di risparmiare tempo rispetto appunto al tuffo (fig.3). Quando,
nello Sprawl come pure per il tuffo è necessario guadagnare 20-30 cm. si può
usare la tecnica del lasciar rimbalzare la palla sulla mano poggiata a terra
(fig.4). attenzione però: solo quando non è possibile il recupero a due mani.
3.
Fascia
“B”
E’ l’obiettivo di un
piazzamento corretto dal punto di vista tattico. E’ quindi il caso più semplice
d’arrivo della palla tra le ginocchia e il bacino (fig.5). questo intervento
richiede pochi movimenti d’adattamento. Questa fascia “B” s’allena con palle,
dirette verso il difensore, molto forti.
4.
Fascia
“C” (fig.6)
E’ la fascia del bagher laterale,
quando la palla arriva all’altezza del busto e delle spalle ed è quindi
necessario ruotare tutto, disponendo il piano di rimbalzo lateralmente al
busto. C’è una variante che si sta imponendo all’attenzione di noi allenatori
nei casi in cui la palla arrivi, in questa fascia, troppo vicina al busto e con
notevole velocità. E’ questo il caso di difesa sul primo tempo o difesa sulla
parallela. L’intervento che gli americani chiamano Chicken Wing (ala di pollo).
5.
Fascia
“D”
E’ questa la
fascia che di solito caratterizza gl’interventi, al di sopra del capo, tesi al
recupero di palle toccate dal muro e quindi che arrivano al difensore piuttosto
alte. Mani aperte e dure, pugni o palleggio, che risulterà piuttosto duro come
contatto, sono le tecniche (fig.7).
Considerazioni tattiche
I due principi base della
difesa sono:
a)
Cercare
di porsi sempre in maniera di ricevere la traiettoria d’attacco avversario
sulla nostra fascia “B”. E’ questo il modo più facile per gestire un forte
attacco (fig.8).
b)
Farsi
trovare, al momento del colpo avversario, assolutamente fermi e con il peso del
corpo (baricentro) avanti. Da lì adattarsi rapidamente al tipo d’intervento che
la palla c’impone.
La prima delle due
considerazioni fatte dipende da alcuni fattori che ciascun giocatore deve
tenere in mente al momento dell’azione.
1.
Ci
si piazzerà più avanti o più indietro a seconda della distanza da rete
dell’alzata. In pratica tra i due punti A e B non c’è mai più di un passo
(fig.9).
2.
Si
varia il proprio piazzamento in considerazione della diversa lunghezza
dell’alzata (fig.10/11/12/13). Ci si piazza un metro circa in campo nei casi di
fig.10/12, si sta esattamente col piede destro sulla linea laterale nel caso di
fig.11, si va sotto il muro nel caso di fig.13, l’alzata è decisamente fuori
banda.
3.
Nel
caso d’alzata perfetta, è la caratteristica dell’attaccante avversario a
suggerirci le coordinate migliori del nostro piazzamento. Solitamente queste
caratteristiche emergono dalle statistiche e dagli scout che si fanno sulle
squadre avversarie.
(fig.14) Uno scout di questo
genere ci suggerisce il miglior piazzamento del giocatore di posto cinque su
alzata perfetta. La freccia indica il punto di caduta della palla. La media dei
punti di caduta meno un metro sarà il posto ottimale per i nostri piedi nella
posizione base di difesa.
Se lo svolgimento
dell’azione avversaria riduce i tempi a nostra disposizione per raggiungere
un’ottimale posizione sul campo (tipico è il caso di adattamento ad alzate
molto spinte verso le bande) e in più il piazzamento a muro in assistenza o in
opzione 4 sul primo tempo ci portano ad essere troppo accentrati, la nostra
discesa verso un’accettabile posizione difensiva si limiterà spazialmente a un
passo e la fascia più opportuna da utilizzare cambierà.
(fig.15) L’alzatore “A”
spinge un’alzata verso il proprio posto quattro. Il giocatore LB a muro riuscirà solo a
scendere sui due metri, e non sui 3-4 metri come sarebbe auspicabile. In questo
caso dovrà stare col baricentro un pò più alto del normale
e la fascia di probabile
intervento sarà quella “C” (del bagher laterale) alla propria destra. Lo stesso
ragionamento farà il posto cinque, che dovrà difendere la diagonale stando più
vicino alla linea dei tre metri rispetto al solito. Idem per il posto uno che,
a volte, è costretto a difendere la parallela in posizione più interna alla
linea laterale. Aumentano in questi casi gli utilizzi di gesti tecnici
differenti tipo il Chicken Wing (ala di pollo) o, a mani aperte, la fascia “D”
all’altezza del capo.
Rimbalzo
Fin da giovanissimi dobbiamo
abituare i difensori a porsi il problema di “dove” si deve indirizzare la palla
dopo il contatto con il nostro piano di rimbalzo.
Un parametro è comune a
tutte la zone difensive, ed è quello relativo all’altezza del rimbalzo, che
dovrà essere considerevole sia per permettere i successivi interventi dei
compagni, sia per dare “sfogo” all’energia che la violenza della traiettoria
d’attacco c’impone di controllare.
Il secondo parametro è
quello relativo alla direzione da imprimere al rimbalzo. E’ da escludere, eccetto che
per il posto sei, il tentativo di cercare di dare la palla vicino a rete e
quindi di direzionare il rimbalzo verso la rete stessa. I rischi che la palla
finisca nel campo avversario sono troppi, e se ciò accadesse il nostro
intervento difensivo risulterebbe del tutto inutile.
Nella fig.16 si mostreranno
le direzioni ideali per ciascuna zona d’intervento.
Le zone due, uno, cinque se
cercassero d’indirizzare i rimbalzi verso la rete, avrebbero al massimo 5-7
metri di spazio utili per il controllo da parte dei compagni.
Gestendo traiettorie quasi
parallele alla rete, invece, l’area disponibile per la successiva alzata, senza
perdere la palla, diventa di circa 10-12 metri, con molte probabilità in più di
avere noi il contrattacco a disposizione.
Il ragionamento vale solo
nel caso di una difesa di traiettorie molto forti. Se gli attacchi sono lenti o
piazzati, il cercare di dare la palla precisa all’alzatore è un obbligo.
Silvano Prandi
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Fig.1 – Le fasce difensive Fig.2 – Posizione di difesa |
Fig.3
Caduta o Sprawl
Fig.4 – Difesa in tuffo
F
f f f Fig.5
Difesa in fascia “B”
Fig.
Fig.6 – Bagher Laterale
Fig.7
Difesa
in fascia “D”
Fig.8
Difesa su palla forte
A
B
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FIG.10 |
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FIG.11 |
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FIG.12 |
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FIG.13 |
A
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LB |
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FIG.14 |
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FIG.15 |
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FIG.16 |
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