SISTEMA MURO DIFESA
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di Giuseppe Cuccarini
"La nostra squadra non ha in assoluto né il miglior muro
né la miglior difesa, ma è sicuramente la migliore nell’efficienza
del rapporto tra il muro e la difesa". Con queste parole Doug Beal, allenatore
della nazionale USA vincitrice delle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984,
chiariva quale era stato uno dei punti chiave del gioco della sua squadra,
che a metà degli anni 80 rivoluzionò la pallavolo mondiale
detronizzando il mito sovietico (dal 1977 fino a quel momento l’URSS aveva
vinto prati-camente tutte le manifestazioni alle quali aveva partecipato).
In effetti, il rapporto sistematico di correlazione tra il muro e la difesa
messo in mostra dalla selezione statunitense rappresentava un’evoluzione
di altissimo livello rispetto alle soluzioni proposte dalle squadre fino
ad allora succedutesi ai vertici del ranxing mondiale, che avevano basato
la propria forza alternativamente sull’uno o sull’altro dei due fondamentali.
La caratteristica saliente fu infatti la creazione di un sistema iper-specializzato
che si avvalesse delle peculiarità di ogni singolo atleta, al contempo
sfruttando al massimo la conoscenza statistica delle prevalenze di attacco
avversarie per impostare sulla base di esse l’applicazione pratica della
concezione appena ricordata. L’esperienza di quella Nazionale ha fatto
scuola, tanto che ormai a livello maschile l’efficienza del rapporto tra
muro e difesa è particolarmente elevata, sebbene lo strapotere fisico
degli attacchi risulti spesso preponderante. Supervolley mi ha chiesto
di proporre la mia esperienza maturata nel settore femminile, in quanto
diversi osservatori (che ringrazio per gli elogi) hanno avuto modo di rilevare
come la Despar Perugia, la squadra da me allenata la scorsa stagione, facesse
proprio nell’efficienza di questo sistema uno dei propri punti di forza.
Prima di addentrarmi nelle considerazioni sul tema specifico, vorrei precisare
che le mie conoscenze ed il mio modo di interpretare il sistema di correlazione
tra il muro e difesa si sono sviluppati nella collaborazione con Fausto
Polidori prima con la squadra maschile a Città di Castello (dove
in pochi anni si raggiunse la Serie A partendo dalla C2) e successivamente
con le varie Nazionali Juniores ed Universitarie per poi ampliarli ed approfondirli
nelle esperienze dirette che ho potuto maturare tra Arezzo, Milano e Spoleto.
CONCETTI BASE
Il primo concetto da definire nell’impostazione del sistema di correlazione
tra muro e difesa è quello di "perimetro" e cioè dello spazio
dentro il quale devono rimanere, nei limiti del possibile, i tocchi di
ogni azione, siano essi di muro o di difesa. Il primo obiettivo sarà
dunque quello di mantenere il pallone in gioco all’interno del campo. Questo
porta come conseguenza per il muro di evitare innanzitutto l’attacco con
mani fuori laterale, mentre la difesa dovrebbe assumere una disposizione
più aperta possibile sul terreno di gioco, con una posizione di
corpo che permetta anche passivamente (cioè se colpiti dal pallone)
di mantenere il pallone all’interno del campo. L’altro concetto fondamentale,
successivo ma complementare al primo, è quello dell’ "assistenza",
vale a dire avere una seconda responsabilità nel sistema una volta
che non si è coinvolti direttamente dalla prima. Nell’ambito del
sistema i compiti vengono distribuiti dando al muro la responsabilità
sul colpo d’attacco più forte e più giocato dall’attaccante
avversario, alla difesa la responsabilità delle traiettorie meno
forti e meno giocate. Entrando più nello specifico, il muro ha come
primo obiettivo quello di saltare per ottenere il punto, oppure di toccare
la palla per rallentarla e/o smorzarla, rendendola in tal modo controllabile
per la difesa: quest’ultima ha nel recupero dei palloni smorzati uno dei
suoi compiti secondari (espressione da intendere in senso temporale e certamente
non per la loro importanza), mentre il compito prioritario sarà
quello di coprire gli spazi del terreno di gioco lasciati scoperti dal
muro. Ad un livello più evoluto e sofisticato di gioco e di conoscenza
statistica dell’avversario questo sistema può mutare, nel senso
di rivolgere le attenzioni di tutti i giocatori verso un solo colpo, vale
a dire quello che presumibilmente l’avversario giocherà nella situazione
contingente. Questo può verificarsi quando la conoscenza dell’avversario
è molto approfondita, e nel contempo risulta elevatissima la sua
efficienza nel suo colpo migliore. Da questo punto di vista si potrebbero
elaborare molte varianti, anche più complesse, appartenenti però
al livello di gioco più elevato e dunque meritevoli di una esposizione
più ampia.
LAVORO DEL MURO
Addentrandoci maggiormente nel dettaglio, consideriamo il lavoro che deve
essere eseguito dal muro. Il primo concetto da chiarire riguardante il
lavoro dei tre giocatori di prima linea è che essi de-vono cercare
di aiutarsi reciprocamente su ogni tipo di attacco avversario, con l’obiettivo
primario di murare la palla e non di coprire una zona di campo. Sulla base
di tale idea, a prescindere dal sistema adottato, non è appropriato
definire una posizione di attesa fissa ed identica rispetto la rete per
ogni tipo di azione, ma è più opportuno parlare di posizione
a rete da assumere in base alle responsabilità di ogni giocatore
sui vari tipi di attacco avversario. I fatti da valutare sulla scelta della
posizione di attesa saranno quindi:
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il tipo di attacco avversario
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la responsabilità individuale in relazione a quel determinato tipo
di attacco senza dimenticare di tenere in considerazione le capacità
tecnico-tattiche e fisiche delle giocatrici.
Fatta questa premessa, potremo avere una disposizione di tre giocatrici
di rete più chiusa o più aperta. Con la posizione di partenza
stretta, cioè con i giocatori d’ala posti a2-3 metri dalla linea
laterale, ci si contrappone ad un gioco d’attacco avversario particolarmente
vario e combinato, dotato di un primo tempo temibile che deve essere fronteggiato
con l’assistenza dei posti 2 e 4 al muratore di posto 3. Spesso questo
tipo di disposizione viene adottata anche contro un gioco d’attacco molto
semplice sul piano della lettura, ma comunque molto efficace (un primo
tempo e due palle in banda), decidendo di "leggere" il gioco del palleggiatore
avversario e cercando di raddoppiare sempre sul giocatore d’attacco che
verrà servito. Con la posizione di attesa a muro largo o aperta,
vale a dire con le ali vicine alla linea laterale, si cerca di contrastare
un sistema di attacco avversario molto semplice, senza alcun tipo di combinazione
e con un primo tempo statisticamente poco giocato dal palleggiatore, o
poco efficiente, e comunque gestibile da parte del giocatore centrale a
muro senza necessità di assistenza. Questi due tipi di posizioni
di attesa non vanno però ritenuti immodificabili: le esigenze del
gioco, anche nel corso della stessa partita, possono variare le necessità
tattiche, provocando dei mutamenti e degli adattamenti dei sistemi appena
descritti. E’ comunque palese come il ricorso ad una posizione di attesa
stretta sia correlata ad un gioco d’attacco di livello più evoluto,
permettendo, come detto, di raddoppiare il muro su ogni tipo di colpo giocato
dall’avversario, pur senza eliminare del tutto i concetti di prima responsabilità
e di assistenza per i singoli interpreti di questo sistema. Per lo stesso
tipo di attacco, infatti, vi potranno essere delle variazioni con il mutare
della posizione del palleggiatore. Un esempio servirà a chiarire
il concetto: un attacco standard come questo.
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Last update: 02/apr/2000